16 anni di scontento/L’impoverimento del pluralismo, della libertà e della democrazia Quando il bipolarismo giunge agli sgoccioli di Widmer Valbonesi Da sempre considero questo bipolarismo, fatto per la conquista del potere e non per il buongoverno del paese, la causa dell’aumento del corporativismo, di un impoverimento del pluralismo e quindi della libertà e della democrazia, di un imbarbarimento della politica, di una spaccatura verticale e quindi dell’impossibilità di governare l’interesse nazionale e i momenti di solidarietà nelle crisi del paese, di uno sconvolgimento costituzionale, assegnando direttamente agli elettori una legge maggioritaria, che annulla la politica e il ruolo del Parlamento nella costituzione dei governi. Potrei continuare, ma già queste considerazioni mi sembrano sufficienti a spiegare come occorra superare celermente questo bipolarismo, che con la presenza di Berlusconi ha assunto tra l’altro la caratteristica di un continuo referendum pro o contro il demonio. Una classe politica seria dovrebbe globalmente interrogarsi se questi sedici anni hanno prodotto risultati soddisfacenti o se invece non si sia talmente impoverita la politica da essere diventata luogo di faide continue per la leadership, dentro ai partiti e nelle istituzioni, considerati gli uni non strumenti di servizio che concorrono al governo del paese e le altre non come gli elementi di garanzia che regolano le attività economiche, sociali, culturali, secondo l’interesse generale ma come mezzi per consolidare un potere di parte o personale. In questa logica si accentua la lotta per la leadership che non è più una questione di merito, di capacità nell’interpretare un’idea politica, nell’elaborazione concreta, ma nell’appartenenza a un gruppo, a un’alleanza che tuteli delle ambizioni personali. E’ chiaro che così la politica si ritaglia un ruolo marginale, clientelare e le coscienze della moltitudine dei politici sono più propense a cercare tutela che elaborazione e competizione intelligente. Non esitano a praticare con una certa disinvoltura quello che una volta era definito con disprezzo dai vecchi repubblicani "voltagabbana" e con quell’epiteto si consumava per sempre la disistima verso i "traditori". Si citava come unico merito del bipolarismo la stabilità di legislatura e la governabilità. Anche questo argomento è molto spuntato, visto che i governi in questi anni sono caduti molto prima, sia quando le maggioranze erano risicate come nel caso dell’ultimo governo Prodi o in maggioranze solide come il primo governo Berlusconi o l’ultimo, che rischia di implodere per irresponsabilità nazionale e lotta per il potere interno al Pdl. In realtà anche nei momenti in cui non c’è stata turbolenza i governi dal 1994 a oggi erano paralizzati dalle rivendicazioni delle estreme a sinistra come a destra e quindi la governabilità, che non può essere la durata di un governo ma la qualità del governo e la sua capacità riformatrice, ha dato scarsi risultati. L’ammodernamento del paese è sempre dato dalle forze che esercitano una responsabilità verso l’interesse generale, mai dalla somma delle rivendicazioni corporative o dal mantenimento dei santuari del clientelismo. Pd e Pdl sono i tutori dello status quo, partiti che per sfidarsi sacrificano l’interesse generale e difendono gli interessi consolidati del paese. In una situazione di crisi come l’attuale, crisi economica, crisi del modello di capitalismo che ha puntato sulla rendita finanziaria più che sulla politica industriale, è chiaro che se la politica non dimostra solidarietà almeno nella risoluzione di alcune riforme strutturali, il rischio emarginazione e povertà, scongiurato in questi mesi, si ripresenterà minacciosamente e soprattutto a farne le spese saranno i giovani, le regioni deboli e più in generale i meno protetti dal sistema di stato assistenziale creato fin dai tempi delle "leggine " votate sia da Dc che Pci. Il bipolarismo è agli sgoccioli, ma sarei un irresponsabile e non di scuola repubblicana se mi augurassi una crisi, con un governo istituzionale che può portare ad una nuova legge elettorale, senza sapere quale, e che lascerebbe il paese senza guida e preda di possibili speculazioni finanziarie internazionali. Le elezioni anticipate sarebbero una tragedia per il paese e per il Pri l’impossibilità di portare avanti il progetto di costituzione di una forza liberal- democratica e la ricomposizione della diaspora e quindi un serio pericolo per la sua sopravvivenza . Se per me è evidentissimo che sarebbe così, ogni dirigente repubblicano dovrebbe avere ben chiaro il suo compito: aiutare il paese ad essere governato, come auspica anche il Presidente Napolitano, e andare spediti al congresso per attrezzarsi a resistere meglio, come nelle realtà più avanzate dell’Europa, Germania e Inghilterra, dove le forze liberal-democratiche dopo alcuni decenni di tenace resistenza, oggi, sono determinanti nel governare quei paesi. L’iniziativa del nostro segretario di mettere insieme un gruppo di responsabilità nazionale che voti un programma di fine legislatura ben definito, dovrebbe essere accolta dai repubblicani come una iniziativa politica importantissima per il paese e per il Pri. Io non ho le stimmate della storia repubblicana, anche se sono iscritto alle organizzazioni del Pri da 43 anni, ma mio padre Mario che è iscritto al Pri da 70 anni, l’altra sera mi ha detto: "Finalmente si vedono i repubblicani con un’iniziativa importante per il paese". E questo mi ha riempito il cuore perché nella purezza del repubblicanesimo c’è pensiero ed azione, non vanagloria e poltrone. Poi, in questi giorni, ho sentito improperi contro l’iniziativa dagli stessi che volevano visibilità: quando la abbiamo, la contestano con un ragionamento che è contraddittorio e frutto di una volontà distruttiva verso tutto ciò che non li comprende. I parlamentari del gruppo di responsabilità nazionale non so chi siano: ma non possono essere gente infame che si vende se appartengono a questo gruppo, e persone rispettabili se stanno con Casini con cui ci si vorrebbe alleare. In tutti i casi, nessuno è ascaro fino a che si occupano cariche istituzionali col Pdl, ministeriali o di commissione, e lo si diventa quando ancora non si sa quale siano le richieste che questo gruppo avanzerà. In tutti i casi, politicamente questo gruppo sposterebbe al centro, come i finiani hanno abbozzato, una maggioranza che oggi è fortemente condizionata dalla Lega. Questo può spaventare Casini e Rutelli, non certo i repubblicani. C’erano alternative? Certo le elezioni anticipate con le nefaste conseguenze denunciate anche dal Presidente Napolitano, e per il Pri l’impossibilità di costruire il polo laico e liberal - democratico, di ricomporre la diaspora. Con la prospettiva di allearsi con chi? Col centro che non esiste? Casini ha detto che andrebbe da solo, Fini ha detto che sta a destra e Rutelli è dato allo 0,4 per cento, con la sinistra di Vendola o Di Pietro o col Pd che si frantumerà ancora, vista l’insipienza di una proposta politica che si basa solo sulla necessità di uccidere politicamente il demone Berlusconi e che non lascia parlare Bonanni e Schifani alla sua festa nazionale dopo averli invitati? Non ero in Direzione per motivi di salute, ma credo che abbia fatto bene la Direzione a dare mandato al segretario di andare avanti nell’iniziativa. Spero che l’auspicio che Luca Ricolfi faceva alcuni giorni fa per la costituzione di una forza liberal - democratica vera con radici e ideali repubblicani, cioè di governo del bene comune, sia raccolta dai tanti intellettuali, imprenditori, ricercatori, giovani che sono fuori dalle sacrestie e dai templi delle raccomandazioni, che hanno la consapevolezza che l’interesse generale si raggiunge con il senso del dovere, con il metodo delle scelte prioritarie e con regole che vanno rispettate. Solo allora si comincerà ad intravedere la luce. |